Filosofia: due prospettive da cui guardare la guerra

COSA AFFERMA L’ARTICOLO 11

Di fronte alla grave situazione di guerra in cui ci troviamo, è necessario riflettere su cosa significa per
noi italiani, su cosa ne pensa l’opinione pubblica e come si è arrivati a prendere le decisioni che sono
state prese.

Per fare ciò, dobbiamo partire dall’articolo 11 della nostra costituzione, che asserisce:

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati,
alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

A scuola viene sempre insegnato delle atrocità della guerra e di come essa sia in ogni modo da
condannare, possiamo vederlo anche dalle parole utilizzate nell’articolo, come “ripudiare”, scelta di
parole forte ed importante anche perché questo articolo venne utilizzato come base costituzionale per
aderire all’Unione Europea (UE), il cui requisito è quello di essere “amante della pace”.

L’adesione all’UE ha portato molti vantaggi (abbasso dell’inflazione, nascita di norme a tutela del consumatore, della privacy, del commercio) ma allo stesso tempo ha portato l’Italia a partecipare missioni di pace internazionale, decise dall’O.N.U. (Organizzazione Nazioni Unite, che si occupa di mantenere la pace e la sicurezza nazionale), mediante il proprio esercito, che è coinvolto anche in azioni di guerra. È legittimo chiedersi se tale partecipazione sia lecita, dato che l’Italia ripudia la guerra, portando alla nascita di un forte dibattito: secondo una corrente di pensiero, questi interventi sono privi della necessaria legittimità costituzionale; secondo l’altro pensiero, invece, chiave nella lettura dell’articolo è che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa; quindi, non viene ritenuta violazione sulla base della tutela dei diritti umani e della pace.

DUE PROSPETTIVE DA CUI GUARDARE LA GUERRA

Visioni e pensieri contrastanti sulla guerra non sono certamente nati ora; due dei pensieri più famosi e importanti vengono da Kant e Hegel: Secondo il punto di vista razionalistico pacifista di Kant, la guerra è vista
come un male superabile e non come un comportamento naturale necessario. Essa è in realtà un prodotto culturale che può essere superato attraverso l’esercizio della ragione e del diritto. Secondo il giustificazionismo
storico di Hegel, la guerra è invece un momento naturale e necessario della storia, che se ne serve come di un mezzo per procedere verso una mèta finale che alla ragione finita degli esseri umani sfugge. Per quanto
atroce possa sembrarci, secondo questa prospettiva la guerra è inevitabile.

L’idea di Kant viene espressa nella sua opera “Per la pace perpetua”, dove l’espressione “pace perpetua” indica la fine di tutte le guerre per sempre. Questa che sembra un’utopia può essere raggiunta secondo Kant attraverso la rinuncia di ogni Stato ai loro eserciti nazionali permanenti, cioè all’uso della forza, per stipulare un “contratto sociale originario” volto alla fondazione di una “federazione di popoli”, nella quale ogni Stato possa basare la propria sicurezza e la tutela dei propri diritti non dalla propria forza o dalle proprie valutazioni giuridiche, ma solo da una forza collettiva e dalla deliberazione secondo leggi della volontà comune.

Kant indica la via per arrivare a questa “federazione di popoli” attraverso sei “articoli preliminari”, che corrispondono alle condizioni necessarie per eliminare le principali cause delle guerre, e tre “articoli definitivi”, che individuano i requisiti necessari per una pace durevole.

Uno di questi requisiti è che il governo sia repubblicano (cioè fondato sulla sovranità popolare), in modo da garantire meglio la libertà e la pace. Quello di Kant non è un semplice pacifismo democratico ma un vero e proprio pacifismo giuridico concreto: non è sufficiente che gli Stati diventino repubblicani, è anche necessario che essi trasferiscano la propria sovranità a un potere sovranazionale, “superando” in qualche modo la forma stessa dello Stato nazionale. La vera causa della guerra, infatti, secondo Kant sta nella sovranità statale in quanto tale, cioè nell’assoluta libertà che ogni Stato ha nei confronti degli altri Stati. In assenza di un potere sovranazionale e di un monopolio internazionale della forza, ogni Stato è legittimato a usare qualsiasi mezzo per far valere il proprio diritto, o anche soltanto per far valere il proprio potere.

Secondo Hegel, invece, la guerra è una condizione necessaria e insuperabile: per quanto possa essere moralmente condannabile, la guerra è una forma di autodifesa legittima e naturale, alla quale ogni Stato, in assenza di un potere sovranazionale che ne limiti i diritti, può e deve ricorrere.

l’ideale di Kant di una federazione di stati è solo un’utopia e non può trovare fondamento nella realtà dei fatti, dal momento che qualunque organismo “superiore” a quello statale sarebbe a sua volta l’espressione di “volontà sovrane particolari”. Il pensiero giustificazionista di Hegel, secondo il quale è la storia e il susseguirsi di eventi a stabilire quale stato avrà la meglio sull’altro, fa vedere la guerra come benefica, poiché essa consente il progresso civile e culturale dei popoli.

In conclusione, sperare nella pace è legittimo, ma credere che essa durerà per sempre è impossibile, stando ai fatti, essa è inevitabile; ed effettivamente, per quanto si possa dire che ideali di pace siano comunemente condivisi da chiunque, già dopo la seconda guerra mondiale si pensava che non ci sarebbe più stata una
guerra di grandi dimensioni, eppure non è stato così, dando ragione ad Hegel sulla naturale tendenza dell’uomo al conflitto.

PERCHÉ L’INVIO DI ARMI NON VIOLA LA NOSTRA COSTITUZIONE?

La guerra in Ucraina scoppiata nel febbraio 2022, solleva la questione già presente ai tempi di Kant ed Hegel, si sono andate a formare nell’opinione pubblica e nella stampa, infatti, due posizioni opposte: proprio in Italia troviamo una situazione frammentata, con chi è contrario all’invio delle armi al 55%. La dichiarazione di Guerra della Russia ai danni dell’Ucraina ha fatto sì che i paesi facenti parte dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) reagissero a tale vicenda. Molti paesi hanno adottato la via delle sanzioni economiche per limitare i guadagni della Russia per destinarli poi al finanziamento della Guerra, invece altri paesi come l’Italia, hanno deciso di inviare armi a sostegno dell’Ucraina. Molti potrebbero pensare che l’invio delle armi in Ucraina viola l’articolo 11 della nostra Costituzione, ma questo non è necessariamente vero, poiché l’assistenza ad un paese offeso, senza l’entrata diretta nel conflitto, non vuol dire che L’Italia sia in Guerra contro la Russia; si fa quindi leva sul diritto naturale di ogni popolo a difendersi. Secondo il presidente della consulta Cesare Mirabelli: “Quanto scritto nell’articolo 11 ha il carattere di un’enunciazione generale e va letto come il ripudio della guerra di aggressione o intesa come uno strumento di soluzione delle controversie internazionali. Ma per la Carta la guerra esiste. Può essere deliberata dal Parlamento e proclamata dal presidente della Repubblica. Anche se questo aspetto non ci interessa perché non siamo noi in guerra”.

Inoltre, l’Italia è costretta a eseguire le decisioni prese dalle norme sovranazionali, che ci impongono
di adeguarci alle scelte fatte dagli Stati con i quali abbiamo sottoscritto tali contratti internazionali.

PERCHÉ VIOLA L’ARTICOLO 11?

È possibile invenire 4 motivi per i quali l’invio di armi in Ucraina da parte dell’Italia viola la Costituzione:

1) L’articolo 11 della nostra Costituzione viene spesso mal interpretato come una “delega in bianco” al diritto internazionale, ma in realtà è una limitazione della sovranità della Repubblica per mantenere la pace e la giustizia tra le Nazioni. Messo alla luce questo punto, si evince come i diritti internazionali prevalgono su quelli Costituzionali, rendendo così l’Italia costretta ad inviare supporto ai paesi oppressi, anche entrando direttamente in guerra.

2) L’Italia ripudia ogni forma di guerra, fatta ad eccezione per quella difensiva della Patria. Ciò significa che le mobilitazioni militarti Italiane sono esclusivamente dedicate alla difesa del territorio Italiano e non di uno estero come quello Ucraino.

3) Facendo sempre riferimento all’articolo 11 della Costituzione Italiana, essa sancisce che gli organi che gestiscono le relazioni internazionali, devono perseguire attivamente una politica pacifista. Inoltre l’articolo 11 vieta qualsiasi forma di coinvolgimento dell’Italia, sia come forma di offesa, sia come mezzo per risolvere le
controversie internazionali. Alla fine, traendo delle conclusioni, ciò che viene detto nell’articolo, specifica non solo che l’Italia non deve entrare nelle Guerre come tra Ucraina e Russia, ma non deve neanche offrire al paese oppresso qualsiasi forma di aiuto militare e tecnologico.

4) Il Parlamento è stato estromesso dal controllo della politica estera, infatti quest’ultima ha dato pieni poteri al Governo riguardo la politica estera e di difesa. Questa vicenda si è tradotta in una vera e propria crisi del Parlamento che si è trovato costretto a convertire in legge dei decreti il cui contenuto era ignoto.

DUBBI SULL’AIUTO ALL’UCRAINA

Gli Stati Uniti durante la prima giornata del vertice dei ministri della Difesa della Nato ha affermato che la guerra in Ucraina non può diventare una guerra di vent’anni, poiché nonostante non ci sia un suo coinvolgimento diretto non riuscirebbero a mantenere per così tanto tempo il sostegno militare, senza ovviamente alludere a una soluzione a breve termine ma un avvertimento per Zelensky a prepararsi a una battaglia intensa adesso per poi sedersi al tavolo delle trattative. In generale non ci sono dubbi sull’aiuto da dare all’Ucraina per fermare la
Russia che ormai secondo i piani in possesso da alcuni servizi segreti, il suo intendo non è solo il Donbass ma tutto il paese, ciò rappresenta una minaccia per la sicurezza internazionale. L’Alleanza sta tenendo in considerazione tre punti interrogativi: la tenuta nervosa di Zelensky, i rischi connessi alla possibile fornitura di caccia e le riserve di munizioni. La richiesta ucraina di missili a lungo raggio e jet comporta una serie di problemi e preoccupazioni. La prima è una preoccupazione da parte di Biden di non disporre di abbastanza dispositivi a lunga gittata per sé stessa nel caso di una precipitazione degli eventi anche nell’Indo-Pacifico, poi l’Usa ha il sospetto che tutti questi missili non servano all’Ucraina per difendersi ma per attaccare il territorio russo, circostanza che farebbe saltare qualsiasi equilibrio e renderebbe difficile mantenere la Nato fuori dal conflitto vero e proprio. Il trasporto di jet comporterebbe una serie di problemi logistici che potrebbero essere risolti facilmente solo con una “No fly zone”, oppure in caso di trasferimento si verificasse qualche problema l’Alleanza verrebbe coinvolta direttamente nel conflitto. L’ultimo aspetta riguarda le munizioni poiché l’Ucraina sta consumando molte più munizioni di quante se ne producono, infatti già prima della guerra molti partner dell’Alleanza non avevano raggiunto gli obiettivi di stoccaggio poiché consideravano le guerre di logoramento con battaglie di artiglieria su larga scala un ricordo del passato, tanto è che le scorte di munizioni sono state oggetto di un’indagine straordinaria da parte della Nato soprattutto i proiettili da 155 mm, i missili Himars e i sistemi di difesa aerea come IRIS-T, Patriote Gepard.

IL PERCORSO DEL PENSIERO PACIFISTA: DA
KANT AI GIORNI NOSTRI

La guerra è stata sempre presente nella storia dell’umanità, come espressione del male radicale ritenuta da sempre parte dell’ordine naturale, in antitesi con la condizione di pace, benessere e giustizia. Molti artisti nel corso dei secoli si sono ispirati al binomio pace-benessere e giustizia a partire dall’Iliade di Omero ma anche Cefisodoto il Vecchio, Giovanni Battista Tiepolo ed Élisabeth Louise Vigée Le Brun. Molti filosofi si sono espressi su questo tema partendo dal filosofo Charles-Irénée Castel de Saint-Pierre aveva teorizzato un progetto per la pace perpetua in Europa attraverso l’istituzione di un’assemblea sovranazionale europea per risolvere le controversie internazionali. Successivamente Kant elaborò un progetto di pacifismo giuridico, partendo
dall’accettazione del presupposto hobbesiano homo homini lupus, che evidenzia come la guerra sia una costante della condizione umana. Questo progetto kantiano ha la missione di istituire la pace attraverso una costituzione civile repubblicana e una forma di governo democratica e rappresentativa. Per Kant si può giungere alla pace solo tramite un contratto tra stati, edificando una (con)federazione di popoli in cui si diffonda il diritto di ospitalità, e i membri devono cedere a un organo di coordinamento il diritto di ricorrere alla guerra tramite accordo giuridico in grado di eliminare tutte quelle ragioni giuridiche giustificazioniste che gli stati usano per motivare la guerra. Dunque Kant ha elaborato un progetto di pacifismo giuridico, istituendo la pace attraverso una costituzione civile repubblicana e una forma di governo democratica e rappresentativa. L’organizzazione delle Nazioni Unite il cui obiettivo è quello di mantenere la pace e sicurezza internazionale, prese ispirazione proprio da questo principio kantiano soppiantando la veccia Società delle Nazioni nata nel 1919. Proprio nel preambolo, articolo 1 e 2, dello Statuto delle Nazioni unite viene specificato il compito che l’Onu ha nei confronti dei popoli ciò mantenere la pace e la sicurezza, a svolgere questo compito è proprio il consiglio di sicurezza utilizzando mezzi pacifici e coercitivi per risolvere le controversie tra le nazioni. Grazie all’articolo 41può decidere quali misure coercitive adottare nei confronti della nazione che minacciano la pace, nel caso in cui tali
misure si dimostrino inadeguate, al Consiglio sono attribuite ampie competenze circa la disposizione del potere dell’uso della forza al solo scopo di tutelare la sicurezza. In particolare, l’articolo 42 permette di utilizzare la forza per mantenere la pace e la sicurezza. Il Consiglio di Sicurezza può istituire tribunali penali internazionali (organi sussidiari) per giudicare individui responsabili di gravi crimini internazionali.

Con la Risoluzione n. 808 del 22 febbraio 1993 è stato istituito il Tribunale penale internazionale della ex Jugoslavia e nel 1994 il Tribunale penale internazionale del Rwanda. Questi tribunali sono stati ispirati dall’esperienza dei tribunali militari di Norimberga e Tokyo, che hanno portato all’affermazione di alcuni principi fondamentali di giustizia penale internazionale tra cui l’ideologia in virtù della quale la guerra di aggressione viene concepita non più come un generico illecito internazionale, ma come un vero e proprio crimine. L’esperienza dei 4 tribunali ha portato alla creazione nel 2002 della Corte penale internazionale, che ha lo scopo di giudicare individui per i più gravi crimini internazionali e rafforzare il divieto del ricorso alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, divieto consolidato dagli emendamenti allo Statuto istitutivo, incentrati su di un’esaustiva definizione di crimine di aggressione, inteso sia nell’accezione di conflitti internazionali, sia in quella di dissidi armati interni. La Corte penale internazionale, istituita per garantire la pace
internazionale attraverso una giurisdizione obbligatoria libera da influenze politiche, ha le sue radici nel pensiero del giurista austriaco Hans Kelsen secondo cui la pace internazionale sarebbe assicurata solo da una Corte, libera da ogni condizionamento politico, la quale in caso di controversie, avrebbe giurisdizione obbligatoria nei confronti degli stati attraverso l’applicazione del diritto internazionale. Affinché gli stati accettino di limitare la propria sovranità a favore di organizzazioni sovranazionali, è necessario che i principi siano fissati nelle costituzioni nazionali. In Italia, l’articolo 11 della Costituzione sancisce il principio pacifista e l’apertura verso organizzazioni sovranazionali preordinate alla pace e alla collaborazione tra gli stati.

All’indomani della Seconda Guerra Mondiale i padri costituenti ritennero indispensabile sancire il principio
pacifista, in virtù del quale l’Italia rifiuta e condanna la guerra di aggressione, è invece consentita la difesa
armata da aggressioni esterne e interne. L’idea di guerra come male non necessario ed evitabile trae origine dalle riflessioni del filosofo olandese Ugo Grozio, che sviluppa la teoria del filosofo italiano Alberico Gentili, il quale nel trattato De iure belli delinea lo ius ad bellum, distinguendo tra guerra ingiusta (quella di aggressione) e
giusta (quella di difesa, conforme al diritto naturale e non vietata). L’ONU e l’Unione europea sono esempi di
organizzazioni che promuovono la pace tra gli stati membri. L’Agenda 2030 dell’ONU, sottoscritta da tutti i
Paesi membri, contiene 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Il 16° obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU
mira a promuovere società pacifiche riducendo la violenza, promuovendo lo stato di diritto e limitando
flussi di armi e denaro illeciti. La crisi in Ucraina ha messo in discussione questo obiettivo, evidenziando la necessità di alternative alla guerra per risolvere le controversie internazionali.

CONCLUSIONE

La guerra russo-ucraina ha avuto un impatto significativo sulla discussione per la pace internazionale, poiché ha mostrato come il conflitto tra due paesi vicini possa avere conseguenze gravi e durature per l’intera comunità internazionale. Ha anche evidenziato la necessità di una maggiore cooperazione tra i paesi e di un impegno
costante per prevenire e risolvere i conflitti. La comunità internazionale ha cercato di mediare il conflitto tra la Russia e l’Ucraina attraverso negoziati e accordi di pace, ma finora questi sforzi non sono stati in grado di porre fine alla guerra. La situazione in Ucraina continua a essere instabile e la presenza di truppe russe in Crimea e
nell’est dell’Ucraina rimane una fonte di tensione. La guerra russo-ucraina ha anche avuto un impatto sulla sicurezza europea, poiché ha portato all’imposizione di sanzioni economiche contro la Russia e ha aumentato le preoccupazioni per la sicurezza energetica. Inoltre, ha rinnovato il dibattito sulla necessità di una maggiore
integrazione europea e di una politica estera comune. In conclusione, la guerra russo-ucraina ha dimostrato l’importanza della diplomazia e della cooperazione internazionale nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti. La comunità internazionale deve continuare a lavorare insieme per trovare una soluzione pacifica
al conflitto tra la Russia e l’Ucraina e per promuovere la pace e la stabilità nel mondo. Inoltre questo scontro è riuscito a mettere in crisi l’obiettivo della pace, poiché ha scosso drammaticamente la coscienza dei popoli del vecchio continente riportando sotto i riflettori il dibattito relativo al tema della pace e degli strumenti alternativo alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. I fatti sembrano purtroppo dare ragione alle posizioni che si ispirano alla riflessione di Hegel