Fisica: Analisi e Commento dell’intervista a Sandra Savaglio: “Di ritorno dalle stelle”

Ho trovato particolarmente interessante l’articolo per la quantità di spunti e di problemi di cui parla: della fuga di cervelli, causata dal fatto che in Italia si dà poco spazio ai giovani al contrario dell’oltreoceano, del gap dei fondi di ricerca e di pianificazione rispetto agli altri paesi, ma soprattutto, ciò che vorrei approfondire, riguardo i problemi dell’essere una donna scienziata.

Sono stato colpito dall’impegno di Sandra Savaglio nel tornare in Calabria nonostante le sfide che affronta nel sistema scientifico italiano. Per quanto ci fossero maggiori risorse economiche, e come detto nell’intervista, dell’estero le manca il fatto che la persona viene prima di tutto, ha deciso di accettare di tornare in Calabria perché secondo lei “cambiare si può”, con tutto il desiderio di migliorare il compartimento di fisica in quanto scienziata.

In un’altra intervista le chiedevano cosa significasse per lei fare ricerca e come fosse farlo in quanto donna, alché rispose: “Fare ricerca per me è entrare in una stanza buia, senza sapere che cosa c’è dentro, e cercare di capirlo. La stanza, se sei una donna, è più buia, l’interruttore è ancora più difficile da raggiungere o messo apposta più in alto. I dati sulle differenze di genere nella ricerca scientifica parlano chiaro, anche se rispetto al passato ci sono stati dei grandi progressi. Ma non bisogna fermarsi ora. Solo poche settimane fa ho ricevuto l’invito ad assistere, tra il pubblico, a un workshop per la celebrazione di un famoso cosmologo italiano. Su trenta speaker, indovini quante donne c’erano? Neanche una. È stato così strano. Ma di episodi di discriminazione, anche peggiori, ne potrei raccontare moltissimi. Io sono stata fortunata a poter raccogliere i frutti del mio lavoro, ma è stata dura e non ho dubbi che se fossi stata un uomo sarebbe stato più facile“.

Non sono rimasto per niente stupito dal fatto che pensasse queste cose, d’altronde, fino a non molto tempo fa per una donna era addirittura strano andare all’università, e se per caso avesse deciso di andarci, lettere era l’unica facoltà contemplata, perché “avrebbe dato la migliore formazione per una donna”; così, molte ragazze che volevano intraprendere studi scientifici sono state costrette a tirarsi indietro, per decisione dei genitori o della società.

Sebbene le cose siano cambiate in meglio rispetto al secolo scorso, le discriminazioni delle donne nell’ambito scientifico sono un problema diffuso e ampiamente riconosciuto. Hanno poca rappresentanza, mancanza di modelli di riferimento femminili; non hanno le stesse opportunità dei loro colleghi maschi per quanto riguarda finanziamenti; possono andare incontro a mancanza di supporto per la maternità, riconoscimento limitato per i loro contributi scientifici, stereotipi di genere e pregiudizi che possono influire sul modo in cui vengono valutate, percepite e trattate nei contesti scientifici, e disparità di retribuzione.

Io credo che queste forme di discriminazione siano tra i primi ostacoli verso il progresso e che per quanto alcuni possano sminuirne la gravità, sono problemi di reale importanza. Nonostante certi diritti vengano sanciti dalla nostra costituzione, come ad esempio nell’articolo 3, che sottolinea il principio dell’uguaglianza e della parità di dignità sociale per tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso o altre caratteristiche personali, impegnandosi a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che separano gli individui; non siamo per niente arrivati ad un punto soddisfacente, e sarebbe davvero tutto più semplice se venisse applicato ciò che è in realtà sancito dalla nostra costituzione.